giugno – settembre 2020
Unpacking: dal rifugio alla luce.
di Elisabetta Bucciarelli
Si è fermato tutto. Case d’asta, gallerie, le nostre vite. Sono cambiati i percorsi e le destinazioni. Per qualcuno anche gli obiettivi.
La nostra percezione dello spazio è differente e la nostra posizione nello spazio diversa da prima. Dove collocarsi e come farlo, con quale strategia, restano due quesiti pratici e al tempo stesso, esistenziali, di tutti noi.
Il concetto di distanza è diventato reale, un metro, quattro metri. Annusare è pericoloso.
Toccare è un lusso.
Studio Gariboldi, come tutti i professionisti dell’Arte, tende a ordinare. Sceglie secondo il suo gusto e le capacità proprie e propone percorsi di osservazione e acquisto.
In questo momento ha deciso di rivoltare il punto di vista. Di ripartire invertendo i termini della questione.
Emballage è il luogo dove ci siamo rifugiati, dove viene protetta l’opera d’arte. L’imballaggio è il nido, il rifugio del quadro e della scultura. Serve a non farsi male, a ritirarsi, a scongiurare il pericolo della frattura.
Solo dopo aver dimorato dentro una protezione solida, ben costruita, potrà di nuovo tornare l’Unpacking, riportare alla luce il nucleo prezioso di noi stessi e ciò che più ci sta a cuore.
Nei nostri spazi (reali e virtuali), a rotazione, sarà quindi visibile la parte protetta e nascosta del lavoro della Galleria.
Appoggiati, ancora avvolti nella plastica, vicino ai loro involucri di legno ci sono loro, i frammenti di spirito, gli oggetti significanti. Il lavoro degli Artisti e le nostre scelte.
Sono tanti, una miscellanea di colori e tecniche, di pittori e scultori, e cercano di nuovo la luce, una luce nuova, lo spazio e il tempo giusto per essere apprezzati.
Unpacking: dal rifugio alla luce
In questa nuova era di distanziamento sociale, la nostra percezione dello spazio è cambiata. C’è qualcosa di inquietante nell’aria, un’increspatura infelice che si propaga da chiunque gridi: “Stai lontano!” Prendendo atto di queste dinamiche, la galleria Studio Gariboldi prende spunto dalla parola emballage, che definisce come un rifugio “dove l’opera d’arte è protetta. . . . Si tratta solo di non farsi male”. Nei suoi spazi, reali e virtuali, la galleria espone le opere che sono pronte per essere riviste, collocandole accanto al loro packaging protettivo. In mostra opere di Karel Appel, Francesco Clemente, Wassily Kandinsky, George Condo e molti altri. —
E.C., Airmail.com, 2020