Enrico Donati (Milano, 1909 – New York, 2008) è un pittore italiano nato a Milano. Nel 1942 espone per la prima volta alla galleria Passedoit gallery di New York. Nello stesso anno conosce Camillo Egas, surrealista ecuadoriano, di cui diventerà amico. Nel 1943 Camillo Egas decide di esporre le opere di Donati all’interno della New School for Social Research di New York. “La mostra del 1947 di Parigi aveva segnato la fine del movimento surrealista, o meglio, la fine della sua espansione in territorio americano: molti artisti avevano infatti già abbandonato New York e Donati – dal punto di vista artistico – comincia a seguire una via del tutto indipendente. Stanco dell’eccessivo romanticismo e della vivacità coloristica delle sue opere, comincia ad imporre una certa rigidità geometrica alla sua espressività artistica. Non più figure fluttuanti e sfumature colorate, ma forme quadrate e triangolari che separano nettamente i colori, ancora vivaci, nelle tele dipinte tra il 1947 e il 1949. Queste opere, tuttavia, non saranno esposte sino al 1987 quando sarà organizzata un’apposita mostra presso la Zabriskie Gallery di New York”. Milano è la terza città importante per la vita artistica di Enrico Donati. È proprio a Milano che Enrico Donati conosce Lucio Fontana, con il quale si incontra nel suo studio in Corso Monforte 23. “Durante questi brevi soggiorni Donati viene coinvolto nelle iniziative culturali del gruppo spazialista, a partire dalla sottoscrizione del Manifesto del Movimento spaziale per la televisione del 1952, e di Lo spazialismo e la pittura italiana nel secolo XX del 1953”. “Verso la metà degli anni Cinquanta si assiste ad un ulteriore cambiamento, sul piano stilistico, nelle opere di Donati. Si accorge infatti, rimanendone affascinato, che gli accumuli di un’aspirapolvere combinati a pigmenti e colla e successivamente applicati in numerosi strati sulla tela, creano delle superfici quasi lanose. La gamma di colori si riduce ai neri, ai grigi, agli azzurri e ai bianchi. La serie dei Moonscapes viene esposta presso la Betty Parsons Gallery nel ‘57, ‘59 e ‘60. Negli anni Ottanta si dedicherà ad una nuova serie chiamata Coptic Wall, le opere di questa serie sono inizialmente drammatiche, arricchendosi successivamente di colori molto vivaci. Le citazioni tra virgolette sono tratte da Olga Tirloni, “L’attività artistica di Enrico Donati”, Università degli studi di Milano.
Donati trascorre un’infanzia felice, e, dopo essersi diplomato al liceo classico F. Parini, si iscrive all’Università di Pavia.
La sua passione per la musica lo porta, in seguito alla laurea con indirizzo sociologico, a iniziare un corso di composizione al Conservatorio di Milano.
Tra il 1933 e il 1934 Enrico Donati decide di trasferirsi a Parigi in un atelier a Montmartre dove comincia a comporre musica d’avanguardia. Proprio a Parigi, centro artistico molto attivo in quegli anni, comincia a interessarsi alla pittura: dipinge, frequenta le gallerie e visita i musei.
Attratto dalla cultura degli Indiani, nel 1934 decide di compiere un viaggio nel Sud-Ovest degli Stati Uniti d’America e in Canada. Dopo circa tre mesi, rientra a Parigi per poi ripartire per New York, dove rimane fino al 1936.
Nel ‘36 torna a Parigi e si iscrive all’Ecole de la Rue de Berri che gli permette di acquisire una preparazione tecnica nel disegno.
Nel 1939, alla vigilia della seconda guerra mondiale, il futuro in Europa si presenta molto incerto e Donati decide di tornare a New York per portare al sicuro la famiglia.
Leggi tutto
Interessato al mistero dell’atto creativo comincia a dedicarsi sempre più alla pittura, realizzando una serie di opere legate al mito della mandragora, una pianta con proprietà anestetiche, che influenzerà la sua pittura anche negli anni futuri. “Ciò che più lo affascina è il processo di vita, morte e rinascita che è generato da questo organismo vegetale, un processo di rigenerazione di cui si parla in antichi racconti mitologici. In virtù di queste narrazioni, la mandragora suggerisce a Donati un immaginario attorno al quale egli realizza i primi dipinti dalle forme organiche in continua trasformazione”.
Tra i visitatori della mostra c’è lo storico dell’arte Lionello Venturi che, colpito dalla pittura molto vicina all’immaginario fantastico dei sogni, decide di presentarlo ad André Breton.
Il teorico del surrealismo lo accoglie subito nel gruppo e così Donati si trova, nel giro di poco tempo, a fianco di alcuni fra i più grandi artisti del momento: Roberto Crippa, Max Ernst, Yves Tanguy, Roberto Sebastian Matta, Kurt Seligman, Sandy Calder, Marcel Duchamp.
Sarà nel 1944, sempre alla Passedoit gallery, la presentazione ufficiale di Enrico Donati al grande pubblico dell’arte americana. In quell’occasione André Breton scrive la prefazione al catalogo della mostra.
Nel 1945 viene pubblicata a New York la seconda edizione del libro Le Surréalisme et la peinture di André Breton (la prima edizione era stata pubblicata nel 1928), che include un capitolo dedicato interamente a Donati. Il libro è presentato alla libreria Brentano dove, per l’occasione, viene allestita una vetrina cui collaborano lo stesso Enrico Donati e Marcel Duchamp.
“Tra gli oggetti ed i libri viene collocata la scultura realizzata appositamente da Donati intitolata Shoes, che riproduce la forma di due scarpe con la punta formata dalle dita dei piedi, opera che richiama quella di Magritte riprodotta sulla copertina dello stesso libro”.
La collaborazione tra Donati e Duchamp continua nel 1947 quando espongono all’ultima importante mostra ufficiale surrealista: l”Exposition International du Surréalisme” alla Galerie Maeght di Parigi.
La copertina del catalogo che accompagna la mostra è il frutto di questa collaborazione e consiste nella collocazione di un seno di gommapiuma al centro della copertina stessa, e nella riproduzione della scritta “Prière de toucher” sul retro.
Altri progetti nei quali Donati è coinvolto con Duchamp sono, la sequenza “Nude descending the staircase” nel film Dreams that money can buy, e il film 8×8, entrambi di Hans Richter.
A partire dal 1949 Donati abbandona questo approccio così geometrico per dedicarsi ad una ricerca creativa più libera, si dedica a una serie di opere gestuali che realizza facendo scivolare sulla superficie della tela del catrame liquefatto, il quale, una volta freddo, diventa duro come smalto.
La casualità caratterizza anche le opere di poco successive, in cui l’immagine prende forma disponendo liberamente sulla tela un impasto molto fluido, fatto mescolando la pittura a olio con la trementina. Queste opere saranno esposte alla Jolas Gallery di New York nel 1952.
Si susseguono varie mostre personali anche in Italia: nel 1950 alla Galleria dell’Obelisco di Roma e alla Galleria del Milione di Milano; nel 1952-53 espone alla Galleria del Cavallino di Venezia e del Naviglio di Milano, senza dimenticare le mostre collettive, una fra tutte la Biennale di Venezia del 1950.
Queste opere, con le loro superfici ruvide, ci presentano immagini di terre aride e fredde che ricordano da vicino paesaggi lunari. Non è un caso, infatti, che Duchamp abbia scelto di intitolare la serie Moonscapes, offrendoci così un’immediata chiave di lettura”.
La Betty Parsons gallery era in quegli anni il centro artistico dell’avanguardia americana, dove i membri della New York School, Jackson Pollock, Marc Rothko, Banett Newmann, Richard Pousette-Dart, Theodoros Stamos, erano di casa.
Questo gruppo di opere, nella seconda metà degli anni Cinquanta, evolverà nella serie Sargon. Donati, ancora legato alle superfici ruvide e spesse dei primi anni Cinquanta, estende questa consistenza materica a superfici più ampie e, soprattutto, abbandona la monocromia per dar spazio al colore, sebbene ancora ridotto ad una gamma molto limitata di toni terrosi.
Nel 1962 inizia la collaborazione con un’altra galleria di New York, la Staempfli Gallery, e sempre negli anni Sessanta risale una rilevante serie di onori: è membro dello Jury of Fullbright Scholarship Program e dello Yale University Council for Arts and Architecture; tiene inoltre delle conferenze alla Yale University.
“Il colore prende il sopravvento sulla forma, in particolare nelle opere degli anni Novanta in cui si assiste ad un ritorno delle figure geometriche che avevano caratterizzato il biennio 1947-49, anche se ora vengono disposte sulla tela in modo meno austero e quasi più ludico.
Nel corso di questo decennio vengono organizzate dai musei di tutto il mondo mostre di carattere retrospettivo del movimento surreale, con l’intenzione di documentare il suo sviluppo nel periodo successivo alla guerra e per attestare la reale influenza esercitata dai surrealisti nella nascita della Scuola di New York”.
Dal 1980 ai suoi 99 anni Enrico donati esporrà e vivrà a New York.

Enrico Donati ©CorradoRota
In Galleria
Space Oddity
marzo - maggio 2022