Salvo (Leonforte,1947-Torino,2015), nome d’arte per Salvatore Mangione.
Nel 1956, si trasferisce con la famiglia da Catania a Torino, che rimarrà la sua città d’adozione. Nel 1969 entra in contatto con i concettuali americani Joseph Kosuth, Robert Barry e Sol LeWitt. Negli anni ’70 entra in contatto con l’Arte Povera, esplorando temi come l’identità e il rapporto con la storia dell’arte, con la serie Autoritratti e lapidi marmoree incise. Ben presto, Salvo focalizza la sua ricerca esclusivamente sulla pittura e sul paesaggio, ma non su paesaggi realistici come gli impressionisti o Cézanne, bensì su idee e sensazioni semplificate. Le sue opere, distillate in colori e forme essenziali, sono paragonabili agli haiku giapponesi più che a opere monumentali. L’artista cerca di catturare l’essenza dei luoghi attraverso la sua pittura, creando opere di grande delicatezza e profondità, simili a brevi poesie visive.
Nel 1982 e nel 1983, Salvo guadagna ulteriore fama in Europa con importanti retrospettive al Museum van Hedendaagse Kunst di Gand e al Kunstmuseum di Lucerna.
Successivamente, si rafforzano i legami con gli scrittori Giuseppe Pontiggia e Leonardo Sciascia, entrambi dedicheranno scritti a Salvo.
Durante la metà degli anni Novanta conosce e frequenta lo scrittore Nico Orengo, per cui nel 2003 illustrerà il libro Cucina crudele. Nel 1998 viene presentata la mostra antologica a Villa delle Rose, sede della Galleria d’Arte Moderna di Bologna, a cura di Renato Barilli e Danilo Eccher. Negli anni 2000, altri viaggi ispirano la sua pittura, in particolare quelli in Cina, Thailandia, Egitto e in Islanda.
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