ottobre – dicembre 2020

La galleria Studio Gariboldi è lieta di proporre una mostra personale dedicata all’artista giapponese Nobuya Abe (1913-1971), presentando una serie di lavori realizzati tra il 1960 e il 1970. Questo ciclo di opere, creato durante la sua permanenza in Italia, è caratterizzato da una ricerca che si concentra sul valore della percezione e il processo della sua costituzione in forma. La pittura di Abe, infatti, non vuole essere uno schermo di proiezione mentale, ma una superficie definita da stimoli visivi differenti. Così si spiega l’insistenza su diverse zone materiche e la scelta ben precisa di colori che assumono una forza di sollecitazione sia visiva, sia tattile. Infatti, proprio la materia (stucco) che lui utilizza, arida e quasi inanimata, sulla quale il colore si impregna, concede ai suoi quadri una continua indefinibilità spaziale e allo stesso tempo una struttura ben definita.

Nobuya Abe nasce a Niigata, Giappone. Artista autodidatta, comincia a dipingere dopo aver concluso gli studi superiori. La sua carriera artistica ha inizio con la partecipazione a diverse esposizioni collettive. Tra il 1936 e il 1938 intraprende un viaggio per studiare l’arte orientale in Mongolia, Corea, Manciuria e Nord della Cina. Dal 1939 al 1942 e dal 1947 al 1953 espone con il gruppo Bijutsu Bunka Kyokai, il primo movimento surrealista giapponese. Questo movimento, chiamato anche L’Illumination, forma in Giappone una corrente d’avanguardia. Nel gruppo coesistono due tendenze: una influenzata dal surrealismo, che esplora gli strati profondi della psicologia umana, l’altra, alla quale appartiene Abe, si ispira all’astrattismo organico.

Nel 1949 diventa membro del Comitato esecutivo dell’Associazione degli Artisti Giapponesi e rappresenta il Giappone alla 2° Mostra Internazionale d’Arte a Nuova Delhi. Negli anni successivi fa parte della giuria alla Biennale di Venezia, alla Biennale di San Paolo del Brasile, alla mostra del Premio Internazionale di Guggenheim di New York; partecipa come esperto al premio Lissone e scrive numerosi saggi critici. Dopo diverse importanti mostre personali, tra cui quella alla Yoseido Gallery di Tokyo e alla Galleria del Grattacielo di Milano, decide di stabilirsi in Italia, soprattutto a Roma. 

In continuo contatto con la scena artistica europea e milanese – dove lavorano artisti come Manzoni e Fontana – la sua presenza nella capitale diventa fondamentale per aprire un confronto tra diverse avanguardie del momento, come lo Spazialismo e il Gruppo Zero, insieme a  quelle  provenienti dal Giappone.

Nel 1966 espone alla mostra The New Japanese Painting and Sculpture del MoMa, una collettiva di 46 artisti giapponesi, che viaggerà per un anno nei diversi musei americani. Nel 1967 decide di riprendere l’idea dell’Illumination e forma un gruppo di sei artisti di talento che seguono il suo stesso pensiero: il colore è luce. Così scrive Abe nel manifesto del gruppo: “L’essere coscienti: strana cosa. Ma il fatto che l’uomo abbia la coscienza significa che egli ha visto la situazione del suo tempo. Luce fioca, luce brillante. (… ) Il colore è luce dello spirito separato dal resto della natura.” Negli anni la poetica di Nobuya Abe si concentrerà sempre più sulla ricerca relativa a tre elementi, materia-struttura-luce, e questo percorso condurrà l’artista ad accostarsi all’astrattismo geometrico.